Il gozzo, storia e tradizione italiana

Gozzo.   Con questo termine si definisce il tipo, tra le imbarcazioni tradizionali italiane,  più conosciuto e ancora più utilizzato da marinai, pescatori e diportisti.  In particolare, il gozzo, calabrese, siciliano, sorrentino, elbano,  ligure,  ha conosciuto negli ultimi tempi una seconda vita ed una sua rivalutazione, grazie a schiere di appassionati che hanno restaurato natanti già esistenti o realizzato di nuovi, rigorosamente rispondenti agi originali. Ma anche in campo artistico e modellistico il nostro gozzo non è da meno, con varie realizzazioni di raffigurazioni artistiche pittoriche,  di modelli e mezzi scafi...........seguitemi.

Il gozzo, una barca tradizionale italiana

foto di gozzo a vela latina
Ecco un bell' esemplare di gozzo con armo latino tenuto in perfetta efficienza

Ci occupiamo con questo post di ciò che ci piace di più, di ciò che amiamo, le imbarcazioni, nella loro presentazione e nella loro rappresentazione artistica.   Ad onor del vero lo abbiamo già fatto, occupandoci dei vari First 31.7, SWAN 51 e 53, Bavaria 35 Grand Soleil 46.3 .........   ma come si può notare, si tratta di imbarcazioni che, seppur alcune considerate classiche, possono ben essere annoverate tra le quelle moderne.   In questo post ci occupiamo invece di una nostra imbarcazione tradizionale : il gozzo, scorrendone poi alcuni tipi, come ad esempio il gozzo sorrentino, quello elbano.... per poi dare una piccola descrizione di taluni.   Ne descriveremo succintamente il tipo e l'importanza che esso ha avuto nella nostra tradizione marinara, ma anche nella rappresentazione sia artistica che modellistica.

Fotografia artistica - barche nel porticciolo di piombino
Gozzi classici all'ormeggio nel porticciolo storico di Piombino (foto dei tre delfini)

 

Una piccola premessa...

Una premessa è doverosa:  il post è discretamente lungo, anche se, e non poteva essere altrimenti, vi sono presenti numerosi disegni e foto. Ma non abbiamo la presunzione di presentare un approfondito studio su storia, origini ed evoluzioni del gozzo, sicuramente cosa molto complessa che ancora oggi è oggetto di indagine da parte degli studiosi del ramo.   Lasciamo volentieri alle pubblicazioni specializzate notizie più approfondite sulla materia.    In questo post ne faremo una descrizione, porteremo il lettore che ci seguirà ad avere una maggiore conoscenza di questo tipo di natante tradizionale fino ad arrivare a disegno, rappresentazioni e modelli.   E' comunque un percorso molto avvincente che, benchè ci ha costretti ad usare molto spazio, vale la pena di seguire per conoscere più a fondo tali imbarcazioni tradizionali.

 

gozzi in regata
Gozzi in regata

 

Il gozzo è una barca da pesca o da diporto di origini tipicamente italiane, probabilmente con qualche carattere ereditario dalle antiche imbarcazioni arabe.

Abbiamo testimonianza della sua presenza, nei secoli, praticamente su tutte le coste italiane con numerose varianti della dizione "buzzo", "vuzzu", "vuzzeddu", comunque sempre uno scafo con carena tonda come tonde sono la prua e la poppa.    Ma anche variamente denominati, come paranza, bilancella, schifetto, ecc..... tutte imbarcazioni tradizionali che ben possiamo annoverare tra i gozzi.

Ne abbiamo oggi tipici esempi soprattutto nel mar Tirreno e nello Jonio ove queste imbarcazioni hanno subito autonome evoluzioni in relazione alle esigenze ed alle condizioni locali.

Anche se alcuni autori tendono a differenziare il gozzo con la barca, descritta anch'essa come natante con prua e poppa tonde ma più slanciata del gozzo e con linea di cavallino poco accentuata, è indubbio che i piccoli natanti con simili caratteristiche vengono comunque denominati gozzi o assumono diverse denominazioni locali.

disegno di paranza
Bel disegno di paranza

E' così che sono diventate imbarcazioni tipiche, ad esempio, il gozzo sorrentino, tipico delle zone del golfo di Napoli, le barche di Pozzallo, i gozzi elbani e quelli liguri o anche le spagnolette sarde, le paranze, ecc...    Ma le denominazioni ed i tipi sono veramente numerosi come numerosi erano soprattutto i compiti che ad essi venivano affidati e le condizioni marine in cui essi dovevano operare.   Si tratta di natanti nati probabilmente per lavoro, ma poi adattati anche alla pesca ed infine al diporto. Di lunghezza variabile dai 4 ai 10 metri, con uno o più ordini di remi, avevano anche un albero che sorreggeva in genere un picco con vela latina.   Di regola non pontati o poco pontati, i gozzi venivano utilizzati per i lavori all'interno dei porti o per la piccola pesca costiera nelle vicinanze degli approdi di origine, anche se vi furono eccezioni.

Gozzi in un canale
Gozzi in un canale

Il gozzo.........americano

La tipologia del gozzo venne conosciuta anche sulle coste americane, precisamente della California, ad opera di pescatori immigrati italiani che, attaccati alle loro tradizioni, costruirono nella seconda metà del diciannovesimo secolo, diverse imbarcazioni tonde e a vela latina, direttamente derivate dai nostri gozzi e completamente sconosciute agli americani.     Proprio nella sua opera "American Small Sailing Craft", il grande scrittore e progettista Howard Chapelle, nel capitolo "foreigners and a native", parla di tale tipo di imbarcazioni, variamente chiamate "Felucca" o "Dago boat", costruite ed utilizzate da tali pescatori.

Ne mostriamo un piano tratto dalla sua opera ed alcuni disegni della stupenda collezione di Aldo Cherini, dai quali appare evidente la stretta parentela con le imbarcazioni locali.

piano di gozzo costruito in america
Piano velico e di costruzione di felucca costruita nella seconda metà del 1800 sulla coste della California da immigrati italiani.   Risulta evidente la stretta parentela con i gozzi nostrani - Disegno tratto dall'opera del Chapelle

Il gozzo del basso Tirreno -Dalla Sicilia a Sorrento e nel golfo di Napoli

Dobbiamo fare una distinzione tra le barche del Tirreno e quelle del mar Adriatico.   Il gozzo, in particolare, ha avuto una sua evoluzione nelle acque dello Jonio, Tirreno e Ligure, mentre in Adriatico, soprattutto nell'altro Adriatico,  assistiamo ad un fiorire di tipologie di imbarcazioni le quali si sono adattate alle particolari condizioni dei bassi fondali, delle lagune e dei canali  tipici di quelle zone, per cui questi tipi di imbarcazioni saranno oggetto di un prossimo post.

Con una navigazione virtuale, quindi,  dall'estremo sud e su per il Tirreno, non possiamo che iniziare dalla Sicilia, isola marinara per eccellenza,  la cui produzione cantieristica tradizionale risente tantissimo degli influssi delle altre civiltà mediterranee, ma anche delle particolari condizioni locali, tanto che notevole è il numero delle imbarcazioni tradizionali siciliane, quasi tutte armate  a vela latina .   Vediamone alcuni tipi , meglio descritti in questo bel post di Giovanni Ruffino, nel sito dell' Istituto Euro Arabo e  che si è avvalso  anche delle immagini, che qui vi mostriamo,  di alcuni modelli di Filippo Castro, collaboratore dell'Atlante Linguistico della Sicilia,  autore anche di due volumi dedicati alle imbarcazioni tradizionali siciliane nella collana  “Materiali e ricerche” .

Breve descrizione, quindi, tratta direttamente da quanto scritto da Giovanni Ruffino, rimandando per la lettura completa al post.

Il primo esempio è quello della sardara (detta anche vàicca luonga) della costa siciliana nord-occidentale.   È impiegata nella pesca con la menaide (o tratta) ed è a propulsione remo-velica (4 banchi di voga e vela latina). La lunghezza media di queste imbarcazioni era di 8/10 metri.

Un’altra imbarcazione a vela latina era la paranzella, particolarmente diffusa nel catanese e lungo la costa orientale e meridionale dove veniva chiamata paranzetta e ragna, adibita alla pesca, lunga circa 12 metri. L’armamento era costituito da una vela latina (vila ranni) su albero a calcese e un fiocco (billaccuni), che in caso di venti deboli poteva armare vele supplementari.

modello di paranzella - imbarcazione tipica siciliana
Modello di paranzella

Rimaniamo nella parte orientale della Sicilia, per la precisione nello Stretto di Messina, in un villaggio marinaro di nome Pace.  La barca, che è un piccolo gozzo di 5-6 metri, è nota come baccuzza paciota e veniva usata per la pesca costiera, con la sciabica, con reti da posta e col palangrese.

modello di barcuzza paciota - imbarcazione tipica siciliana
Modello di barcuzza paciota

Questa piccola imbarcazione messinese ci introduce alla grande famiglia dei gozzi, che nelle varietà dialettali siciliane possono essere denominati buzzuuzzugozzu, vuzzubbuzzettuuzzaredduluzzu a Malta.

 

modello di buzzu trapanese - imbarcazione tipica siciliana
Modello di buzzu trapanese

Il buzzu trapanese era un tipo di imbarcazione da pesca a remi e a vela, lunga dai 6 agli 8 metri.  Pescava tra la costa estrema occidentale e le Egadi e talvolta nel Canale di Sicilia. La pesca era principalmente quella con le nasse, ma anche col palangrese e la sciabica.

 

 

 

Sul versante opposto della Sicilia, quello sud-orientale, il gozzo siracusano – buzzettubuzzittulu – impiegato per la pesca con le nasse o il palangrese (conzu), arma una velatura mista caratterizzata principalmente da una vela a tarchia (vila tunna), utilizzata soprattutto con venti freschi . In caso di buon tempo si poteva innestare l’alberetto e si armavano le altre vele, i fiocchi (billaccuni i vientu billaccuni i bunazza) e la vila a ccàccia o vila a ccazzu, dalla forma di un triangolo rettangolo.

Per concludere, la vela latina ritorna in due gozzetti di circa 5 metri della costa settentrionale a ovest di Palermo: il cosiddetto uzzu i cannila (cioè dotato di specchio per l’esplorazione del fondale) e un uzzareddu non dotato di corridoi laterali, usato per la pesca con le nasse.

 

 

Il gozzo sorrentino

dipinto con gozzi sorrentini
Gozzi sorrentini a Napoli in un bel dipinto di Giuseppe Carelli

Lasciamo la Sicilia ed iniziamo a navigare verso Nord, consci del fatto che lungocosta sicuramente tralasceremo qualche tipo di imbarcazione interessante, ma arriviamo alla bellissima  penisola sorrentina.

Famosa meta turistica, in passato le popolazioni locali vivevano soprattutto di agricoltura, commercio e pesca.   Essa, a causa della sua orografia,  non era collegata con il resto del paese se non attraverso alcuni stradelli abbastanza accidentati.

Giocoforza i collegamenti dovevano avvenire via mare e di conseguenza le popolazioni dovevano dare molta importanza alla navigazione marittima ed alla cantieristica navale, che, come sappiamo, ebbene una secolare evoluzione  che diede origine alla scuola sorrentina che produsse i numerosi bastimenti da carico che solcarono tutti i mari.   Ma non va dimenticata anche una estesa cantieristica minore che produceva feluche, tartane, gozzi, verchette, lance......

Naviglio minore, come le feluche,  utilizzato perlopiù per i trasporti e collegamenti con Napoli e per la piccola pesca.

 

piano di costruzione di feluca sorrentina
Piano di costruzione di feluca sorrentina

 

In piccoli ma non improvvisati cantieri, molti dei quali ubicati nei monazzieri, prendevano vita imbarcazioni di piccole dimensioni, i gozzi a menaide e le varchette.

mezzo scafo - Gozzo sorrentino - mezzo scafo
Gozzo sorrentino - mezzo scafo realizzato dall'autore

   I primi, con scafo molto sottile, presentavano poppa e  prua a cuneo. quest'ultima alta per meglio affrontare il mare ma la poppa sicuramente più bassa rappresentando la postazione di lavoro dei pescatori ove inserivano le lampare utilizzate per la pesca delle sarde ed acciughe.

Erano scafi in genere non pontati ed armati con vela a tarchia o latina.

piano di costruzione di gozzo sorrentino
piano di costruzione di gozzo sorrentino

 

La corallina

Tra le varie tipologie di gozzi locali va annoverata anche la corallina napoletana.   La raccolta del corallo è sempre stata una attività tipica delle popolazioni costiere del Mediterraneo e nel golfo di Napoli era abbastanza diffusa.

disegno di corallina napoletana
Bel disegno di corallina napoletana

Le imbarcazioni utilizzate ed attrezzate per tale tipo di pesca erano perlopiù gozzi, le coralline,  i quali potevano avere dimensioni abbastanza contenute, se impiegati nella pesca del corallo sui bassi fondali e nelle vicinanze della costa.    Ma raggiungevano anche dimensioni ragguardevoli se si andava al largo a pescare in profondità.

In generale si trattava di imbarcazioni abbastanza larghe e con bordi liberi bassi, sì da consentire all'equipaggio un agevole lavoro di issaggio dello strumento utilizzato per tale raccolta : l'ingegno, e dei coralli nelle reti.

Iscriviti alla nostra Newsletter

Passando per le isole : la filuga ponzese ed il gozzo elbano

Da Sorrento a Ponza....la "filuga"

Dopo la Sicilia, la penisola sorrentina ed il golfo di Napoli,   indirizziamo la nostra navigazione verso Nord...

filuga ponzese - barca tradizionale di ponza
Filuga "Mangiafuoco"

Ponza racconta è un bel sito,  una rivista di attualità e culturale on line che raccoglie la storia e la cultura ponzese, che coglie il profondo legame dei ponzesi, con le loro tradizioni,  con il loro mare, le loro barche, la loro cantieristica che ha prodotto imbarcazioni, perlopiù della famiglie dei gozzi, imparentati con quelli sorrentini:  le filughe.

immagine di filughe ponzesi

Ma cos’è la filuga ponzese?

È il termine con cui viene chiamato il tipico gozzo che possiamo trovare nelle acque dell’isola di Ponza.

Praticamente è imparentata col gozzo sorrentino ed i maestri d’ascia locali la hanno adattata al mare di Ponza.

Proprio in in questa bella rivista, Giovanni Hausmann, in un articolo dedicato a tale imbarcazione, ecco come la descrive.  .......... "guardando alcune foto vecchie di un cantiere dell’isola della Maddalena, ho notato che anche loro costruivano imbarcazioni simili e le chiamavano “filughe ponzesi” o maddalenine.   Era un chiaro riferimento a quanto successo nei primi anni del diciannovesimo secolo quando i pescatori ponzesi “colonizzarono” quelle coste insegnando alle popolazioni locali, prevalentemente dedite alla pastorizia, l’arte di pescare e di conseguenza anche l’arte di costruire imbarcazioni adatte alla pesca.

piano di costruzione di filuga
Piano di costruzione della filuga "S. Agostino"

Da qui la Filuga ponzese, imbarcazione caratterizzata da linee d’acqua molto severe, di facile costruzione, dotata di un dritto di prua verticale e della schiocca (piccolo legno di forma triangolare posto a raccordo tra la pennaccia e le falchette). Di dimensioni diverse dai 4 mt ai 10/11mt originariamente manovrate a remi aiutati una vela latina intera o a tarchia con albero removibile e posta a riposo su due forchette poste sul bordo di sinistra. Successivamente motorizzate con motori a testa calda e poi con unità più moderne ma mai di grande potenza. Le linee d’acqua infatti, presentando una carena piuttosto piatta non hanno una grande dislocamento e quindi non necessitano di grande spinta."

In Toscana....... all'isola d'Elba

Nei secoli scorsi notevoli erano i traffici commerciali dall'isola d'Elba per la terraferma, non solo del prezioso minerale del ferro che, estratto dalla miniere elbane, veniva poi trasportato su grossi barconi alla vicina costa piombinese, ma anche verso l'alta Toscana e la Liguria, utilizzando per il trasporto di vino, olio, formaggio ed altra mercanzia, una classica imbarcazione da carico che era il leudo.    La piccola pesca veniva praticata con imbarcazioni sicuramente più piccole dei leudi, i quali, non di rado, potevano superare lunghezze fuori tutto di 16-17 metri.   Tali piccole imbarcazioni  erano gozzi.     Abbiamo a disposizione alcuni piani di costruzione realizzati dal defunto maestro d'ascia Sergio Spina di Marciana Marina, appassionato di architettura navale, il quale negli anni si assunse l'impegno portato avanti con passione, di rilevare vari esemplari in stato di abbandono e relitti di imbarcazioni di tipo tradizionale in utilizzo sia sulla sua isola che nella terraferma.

piano di costruzione di gozzo elbano
Piano di costruzione di gozzo elbano. Autore: Sergio Spina

Come si può vedere dai disegni, si tratta di barca non pontata, di lunghezza variabile dai 4 ai 7 metri con più ordini di remi ed armata con albero con vela latina.      Discretamente capiente con rapporti lunghezza/larghezza di circa 3:1, aveva un utilizzo esclusivamente locale per il trasporto, lavoro e piccola pesca.

 

mezzo scafo di gozzo elbano
Mezzo scafo di gozzo elbano realizzato dall'autore

.... ed in Sardegna

La Sardegna può considerarsi una realtà molto variegata per la sua marineria. Le sue coste sono caratterizzate dalla presenza di diversi tipi di imbarcazioni derivati da altre originarie di diverse località come la Liguria, la Campania, ma anche la Spagna , le cui comunità, trasferitesi in questa terra, ne trasferirono anche il sapere e le tradizioni.

foto di bilancella
Bella foto di bilancella

Le barche che ne nacquero dalle abili mani dei maestri d'ascia erano di chiara derivazione di tali luoghi di origine anche se ogni marineria ha le proprie  esigenze locali ed i tipi di barche che ne derivarono erano completamente adattate alle necessità locali.

E' così che troviamo gozzi dalle linee molto varie e adatte ai regimi di vento dell'isola, che evidenziano,  in una sapiente mistura di forme sia nell'opera viva che nell'opera morta, una evoluzione dei tipi di origine,  fino ad assumere una autonomia architettonica propria.

piano di costruzione di schifetto di carloforte
Piano di costruzione di schifetto di Carloforte, tratto dalla pubblicazione "Navi di legno"

Per ogni località costiera troviamo un originale tipo di imbarcazione  :  a Carloforte, ad esempio, l'imbarcazione tipica è lo schifetto, un  gozzo completamente pontato con prua a poppa verticali.

Ma troviamo anche le bilancelle, gozzi che invece presentano una prua molto slanciata ed usate per la pesca delle aragoste.

piano di costruzione di una bilancella

Ad Alghero è tipica la spagnoletta, di origini spagnole, utilizzata per la pesca delle aragoste ma in questo caso con prua e poppa quasi verticali e scafo molto stellato.

foto di spagnoletta
Spagnoletta di Alghero...per strada - foto tratta da Internet (IgersItalia)

 

 

Il gozzo ligure

immagine di gozzo cornigiotto
Vecchia foto di un primo piano di gozzo cornigiotto sulle spiagge liguri

La Liguria, tipica regione marinara non poteva non annoverare tra il suo naviglio i gozzi. Si trattava in genere di barche con la classica carena tonda, di discreta larghezza e con i dritti di prua e di poppa generalmente verticali oppure rientranti, in questo caso il gozzo prende il nome di cornigiotto. Ancora sconosciuti sono i motivi di tali rientranze e nonostante diverse teorie, non si è mai giunti ad una conclusione univoca circa tale caratteristica che distingue i gozzi alla cornigiotta. Vi è comunque da dire che non doveva trattarsi di caratteristiche dovute a necessità locali perchè anche in altri mari, come il tirreno e l'adriatico troviamo barche con i dritti rientranti.

Caratteristica del gozzo ligure doveva essere la "pernaccia" - ovvero il prolungamento del dritto di prora – probabilmente realizzato grazie all'estro di un maestro d'ascia.  Tale caratteristica è rimasta nel tempo ed è tipica degli attuali gozzi liguri. I gozzi venivano costruiti dalle sapienti mani dei maestri d'ascia i quali usavano in genere la tecnica del garbo, cioè un modello di ordinata che, con le dovute correzioni era in grado di dare, partendo dall'ordinata maestra, una buona parte delle ordinate di prua e di poppa. Oppure venivano realizzati "ad occhio". In pratica, una volta posizionata la chiglia già completa di drittti sullo scalo, si partiva dall'ordinata maestra e con una serie di righelli verso prua e verso poppa venivano mano mano sagomate le varie ordinate.

 

Come si può notare dai disegni, col metodo "ad occhio",  partendo dalla maestra, le ordinate venivano realizzate di volta in volta, servendosi dei punti di curvatura derivanti dai righelli. Una volta realizzato l'intero scheletro, si iniziava la fasciatura, installando la prima tavola dell'orlo ed il torello, quindi a seguite tutto il resto del fasciame. Si nota benissimo che la rientranza dei dritti del gozzo cornigiotto determina anche una rientranza delle linee di mascone e giardinetto, conferendo alla carena la bella forma tipica di questo natante.

Gozzi. Arte, modelli e mezzi scafi

I quadri di marine contengono paesaggi costieri ma spesso soggetti nautici, navi, imbarcazioni, yachts che diventano  protagonisti dell'opera artistica, che di sovente ha come oggetto le imbarcazioni tradizionali.  Numerosissimi sono quindi le rappresentazioni pittoriche dei nostri gozzi in navigazione o nei porti.

Qui ne voglio mostrare alcune già presenti sul nostro sito, ad opera dei nostri amici artisti del mare Enza Viceconte e Aldo Mingozzi ma anche  gli stupendi disegni a mano libera di Aldo Cherini.

Rari dovevano essere i mezzi scafi originali dei gozzi, molto probabilmente perchè, come prima accennato, tali natanti non venivano realizzati col disegno, quindi non c'era la necessità di realizzarne preliminarmente il mezzo scafo.   Essi però, dal momento che rappresentano una testimonianza della nostra marineria, sono stati oggetto di attenzioni da parte del popolo di modellisti italiani che non hanno mancato di possedere nelle proprie collezioni private almeno un modello o mezzo modello di tale icona della nostra tradizione nautica.

E' così che troviamo numerosi modelli dei nostri gozzi, mezzi modelli e mezzi scafi, disegni, piani e studi.

Vi presento con piacere quindi alcune realizzazioni dell' amico Giovanni Ighina, abile modellista e grande appassionato di gozzi.

 

Ma anche alcune opere gentilmente concesse dal nostro amico Alvaro Mazzanti

 

I gozzi di Luciano Di Meglio

modello di gozzo ischitano

 

Ritorniamo a Ponza.     Il nostro amico Luciano Di Meglio è modellista da circa 40 anni, con alle spalle campionati europei di modellismo. Alcuni dei suoi modelli sono esposti nei musei di Imperia e d'Ischia. Un suo modello fu scelto per partecipare a una mostra organizzata per la ricorrenza del 500° anniversario dell'apertura del porto di Amburgo.

E' appassionato ed amante dei gozzi della sua isola, Ischia, gozzi che tutt'oggi riproduce con la tecnica artigianale della lavorazione dei blocchi di legno.

Infatti è egli stesso a dire che oggi,  più che un modellista,  si sente un artigiano, quasi un andare indietro nel tempo ed avvicinarsi agli antichi costruttori di barche, che non conoscevano progetti, ma si tramandavano le sagome dei garbi con cui realizzavano le barche per i poveri pescatori ischitani.

Mostriamo qui di seguito alcune sue opere, dalla visione delle quali, salta subito all'occhio l'impronta non più tecnica ma artigianale ed artistica della realizzazione di tali modelli.

Nella sua bottega-laboratorio a Ischia Ponte sembra di entrare in un vero e proprio porticciolo con gozzi di legno colorati e fantasiosi, ispirati alle imbarcazioni tradizionali dei pescatori. Un patrimonio di forme, tecniche e cultura marinara lontana dalla produzione commerciale in serie.

 

 

Ti è piaciuto questo post sui gozzi?   Se ne sei appassionato, condividi questo post sui social con i tuoi amici.

9 risposte a “Il gozzo, storia e tradizione italiana”

  1. Mi avete accompagnato indietro nel tempo quando ragazzo di 8 anni ho iniziato a frequentare, per le vacanze estive, Massalubrense – Marina della Lobra, un borgo di pescatori a circa 6 km da Sorrento dove ho imparato a conoscere il mare, ad amarlo e a rispettarlo Questa esperienza è andata avanti per circa 30 anni e mi ha legato per sempre a quei luoghi: il più bel ricordo della mia vita!
    Qualche anno dopo la seconda guerra mio padre mi regalò un piccolo gozzo di circa 5 metri costruito dai Cantieri Aprea di Marina Piccola di Sorrento, forse nonno e zii degli attuali Aprea.
    Oggi oltre ai ricordi mi è rimasto nel cassetto un sogno: farmi co-
    struire dal Cantiere Fratelli Aprea di Sorrento un gozzo di 7/ 8 metri con vela latina e motore entrobordo.
    Ci riuscirò?
    A voi un grande grazie e complimenti.

    1. Grazie per i complimenti….ed un grosso augurio per il suo progetto.
      Ci auguriamo di vederla a bordo del suo gozzo veleggiare nel golfo.

  2. Sono interessato ad acquistare una pubblicazione che tratti l’argomento dei gozzi liguri con particolare riferimento ai Pexino
    disegnati e realizzati da Agostino Moltedo a Santa Margherita Ligure negli anni settanta.
    Se potete darmi qualche indicazione , sia sulla sistemazione degli interni , che sulle prestazioni dei gozzi Pexino sia a motore che sotto vela , mi fareste una grande cortesia.
    Grazie, B.E.

  3. Bellimo post. Finalmente una completa panoramica della storia di una nautica minore, strumenti preziosi per la marineria sottocosta che ha sostenuto per molti anni la vita e l economia delle comunità costiere
    Queste imbarcazioni la cui struttura si è via via è stata adattata dai mastri d ascia alle condizioni meteomarine prevalenti intorno ai centri costieri, rappresentano un patrimonio prezioso che va preservato e custodito a testimonianza della tradizione e delle competenze delle marinerie locali
    A ponza con altri appassionati abbiamo salvato 9 filughe dalla loro “rottamazione” e sono oggi tornate in mare per il diporto di qualità
    Vi lascio la mia mail se siete interessati ad approfondire la storia della filiga ponzese
    giovanni.hausmann@fastwebnet.it

    1. Grazie per gli apprezzamenti.
      Il post è frutto della collaborazione di tanti,
      tra cui la sua… e anche per questo la ringrazio.
      Lo ritengo un post abbastanza generalista in quanto può
      dare origine ad altri post dedicati a singole tipologie
      di imbarcazioni, per cui la disturberò volentieri quando
      tratterò la filuga in un singolo post.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *